domenica 24 gennaio 2010

CAPITOLO VENTUNO


Il mulo, sacra bestia per l'alpino,
da sempre ne ha diviso la sua sorte,
fido compagno nel duro cammino



CAPITOLO VENTUNESIMO

Le marmitte più grosse erano mie
ma non mi dava ciò risentimento,
rinvigorite sembravan le energie
che il militar pareva avere spento
e, con gran lena, all'opra m'accingevo
sì che alle sette, ora della rivista,
mai una libera uscita mi perdevo,
cosa che prima spesso era prevista.
A consolar c'era chi stava peggio,
tra polpette di sterco, acida urina,
che t'impregnava di fetido aleggio
chiunque fosse in sommeggiata alpina. (2742)

Ragazzi che mai visto avean na stalla
or costretti ad usare brusca e striglia,
inforcalare balla sopra balla,
a montar soma, tirare la briglia,
Il mulo, sacra bestia per l'alpino,
da sempre ne ha diviso la sua sorte,
fido compagno nel duro cammino
che in tempi cupi pur portò alla morte, (2750)
mansueta bestia che riconoscente
pare lei guardi con languidi occhi
colui che la governa giornalmente,
dona piacer se il liscio manto tocchi
e gode quando gli accarezzi il collo,
arricciando le labbra par che rida,
massiccio più del genitor cavallo
arduo sentier non v'è che lui non sfida; (2758)

poderoso il suo calcio, inconsciamente
calcia persino a dimostrar l'affetto
sì che più volte fu tragicamente
causa di lutti, quello squarcio netto
nel ventre di un suo simile ricordo
lungo e profondo qual taglio di lama,
inciso dallo zoccolo già lordo
di sangue uman; da qui macabra fama
quel sauro equino, battezzato Beppe
ereditato avea senza espiazione;
bestie non son considerate teppe
ne lor si posson mettere in prigione.(2770)

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