domenica 24 gennaio 2010

CAPITOLO VENTIDUE

Tra nebulose e misere macerie
ruppero il cielo mille penne nere
che sfidando ogni sorta d'intemperie
setacciarono l'orrendo cratere.




CAPITOLO VENTIDUESIMO

Gente che aveva fresca Longarone,
lo scivolar del Toc dentro il catino,
traboccante onda, e, la desolazione
dell'atroce risveglio del mattino.
Del Battaglio Cadore la bandiera
era fregiata d'oro per quei giorni
quando la morte maledetta, nera,
alla pietà nascose i corpi informi
Tra nebulose, misere macerie
ruppero il cielo mille penne nere
che sfidando ogni sorta d'intemperie
setacciarono l'orrendo cratere. ...(2862)

Quell'acque sacre che lavaron l'onta
d'Asburgico dominio, che impietose
impediron di far macabra conta,
tornavano a esser gravi e minacciose.
Era isolato un villaggio su a monte,
stavolta caricammo la farina
su quelle spalle sempre a zaino pronte;
ecco svelarmisi utilità alpina.
Dolce fatica quella del soccorso
mielata dalla gioia di chi aspetta
quando giunger ti vede a curvo dorso
per scongiurar la sorte maledetta. ..(2874)

Tornati alla caserma una sorpresa
mi liberò dal marmittale giogo,
per la fanfara, richiesta inattesa,
abbandonar dovetti ameno luogo.
Addio Cadore per Belluno grigia,
addio al mortaio per suonar trombone,
dove si beve più che non si pigia,
e più ti scalda il vin del solleone;
gente che grida sì: -Viva gli Alpini!-
se per calamità ne fa ricorso,
ma poi li scansa se ce l'ha vicini
quando passeggia la sera sul corso. ..(2886)

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