venerdì 29 gennaio 2010

CAPITOLO TRENTACINQUE

Scordato s'è quella carezza lieve
del vellutato tappeto di muschio;




CAPITOLO TRENTACINQUESIMO

Il matrimonio è fiume di panura,
scivola cheto senz'increspar l'onda,
l'impeto non ha più della  natura
allor che l'ovattata schiuma bionda
s'infrangeva sulla roccia lucente
e cristallini rivi, balzellosi
spruzzavano quell'aria trasparente;
coriandoli invisibili e scherzosi.
Quante stelle nelle nitide notti
si son spezzate su quell'onde liete
tra infiniti silenzi, e ininterrotti
verdi boschi di larice e d'abete. (4550)

Scordato s'è quella carezza lieve
del vellutato tappeto di muschio;
quel delicato bacio della neve
in magica fusione, sott'il vischio,
le parassite sue perle d'ambra,
che in grappolo regal natura reca,
raggio di luce nell'umida ombra
di cui natura il mostrare non spreca. (4558)

Il matrimonio è fiume di pianura,
scordato s'è purezza di sorgente,
il gioioso saltar nell'avventura,
la siluette leggera del serpente,
l'improvvisi, inaspettati amplessi,
nell'unione feconda d'altre vite,
i porpurei tramonti in lui riflessi
di vette che d'eterno son guarnite. (4566)

Il matrimonio è fiume di pianura
e, s'ha scordato l'impeto, la gioia,
afona corsa mantien, quasi oscura,
offrendo all'occhio malinconica noia,
ma nel tacito suo pigro cammino
fertilizza le terre che lui bagna
auspicio di prolifico destino
che al cheto scorrer suo s'accompagna;
irriga l'orti, disseta l'armenti,
per impastar con calce dà la rena,
depura da liquami ed escrementi
la società che ne sarebbe piena. (4578)

Sia custodito, rimboccato l'argine
in primavera non mancherà piena
che inondar vorrà con la sua ruggine
di lorda mota ogni arteria e ogni vena.
Reggeran l'argini se tolleranza
li sosterrà su ambedue le sponde,
si placherà la travolgente danza
e torneranno a scomparire l'onde.
Dall'alveo suo poi cercherà d'uscire
se sarà orgoglio che regge la riva
e il prato dell'amor vedrai sparire
prima che giunga la stagione estiva. (4590)

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