lunedì 25 gennaio 2010

CAPITOLO VENTIQUATTRO

l'aria di Aida, quella celeste mora
che per amor d'un condottier nemico
con lui sceglie di viver l'ultima ora
anziché correre al suo lido antico




CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO

La consegna durò due soli giorni
ed ogni alpino con voglie represse
di sera a Caracalla o nei dintorni
con poche lire sfogava le stesse.
Storici ruderi d'oleandro cinti,
orgoglio di remoto grande impero
che unire seppe vincitori e vinti,
ridotti ad un mercato puttaniero. ..(3110)

Forse chissà quali nobili amplessi
nel loro secolar viver terreno
quei pini, quei lecci, quei cipressi,
avranno custodito nel suo seno;
ora eran testimoni taciturni
del misero mercato meretricio,
demoni al sole, gli angeli notturni
squallor donavano a quell'edificio. ..(3118)

Mentre si consumavan con "peccato"
quegli atti detti erroneamente amore
ma che d'amor non son che surrogato,
dolce armonia inteneriva il cuore,
l'aria di Aida, quella celeste mora
che per amor di un condottier nemico
con lui sceglie di viver l'ultima ora
anziché correre al suo lido antico.
Storia struggente, certo non attuale
or che la commozion viene derisa,
eppur l'amor rimane universale,
mai la sua forza può essere recisa. (3130)

L'amore casto con l'amor profano
in quelle calde notti si mesceva,
contro un rudere o davanti un soprano
l'attimo del piacer ognun coglieva.
Rividi muto quell'ampio viale
alla prim'alba dell'atteso giorno,
volatizzate le "fate del male"
carriarmati e divise tutto intorno;
non che amorevole fosse la visione,
forse nell'uomo è innata la guerra,
pur se proclama ognun l'aspirazione
di vederla bandir di su la terra. (3142)

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