mercoledì 5 maggio 2010

CAPITOLO VENTITRE II

Son tempi tristi, sono giorni cupi,
il cielo è un soffitto di cemento,
sono tornati ad ululare i lupi,
ecco l'ultimo inverno, si! Lo sento!



CAPITOLO VENTITREESIMO

LIBRO SECONDO

Le banche che han l'acquisto favorito
per farsi casa, or che la crisi morde,
col reddito di molto dimagrito,
tante famiglie son messe alle corde
da non potere onorar gli impegni
così, senza pietà buttate fuori
da chi solo il danaro par che regni
alla ricerca d'altri compratori;
ma per comprare serve la moneta,
se questa non c'è più chi su lei campa
finisce di campar, questo gli vieta
di continuar speculativa rampa. (3418)

Se non si campa vuol dir che si muore,
quando a morir si tratta di un cristiano
la sua famiglia cade nel dolore,
il resto è indifferente, questo è umano,
ma se muore una banca, quanti sono
a perder tutti i beni di una vita?
I sogni, i risparmi, il dolce suono
della speranza violata e tradita.
Mentre vola della miseria il truce
feroce spettro, ti monta la rabbia,
veder colui che la crisi produce
restar con l'oro e non andare in gabbia. (3430)

Quando fallisce un'azienda è sempre triste
per chi la guida e per chi ci lavora,
però se intorno il mercato resiste
la cosa piano piano si svapora,
ma se a fallir cominciano le banche
le borse vanno in tilt, ed il mercato
incomincia a impazzir, non ci son zanche
per impedire che venga spallato,
ecco allor la fragilità del mondo
esplodere improvvisa, inaspettata,
trascinar tutti con se nel profondo
nel buco nero, cloaca dannata. (3442)

Son tempi tristi, sono giorni cupi,
il cielo è un soffitto di cemento,
sono tornati ad ululare i lupi
ecco l'ultimo inverno, sì! Lo sento!
Lo sento dalle membra pigre e stanche
dell'ossa che si abituano al dolore,
non c'è più forza per lottar, neanche
per riveder di primavera il fiore,
eppur non sono triste, son sereno,
so che verrà la notte della vita
ad invitarmi a scendere dal treno,
a smetter di giocare la partita. (3454)


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